20 Maggio 2020 LE DECADI JP Dal 1960 al 1970 Parte 2
LE DECADI JP
Dal 1960 al 1970 Parte 2
Nel 1967 la Pontedera che viveva nell'eden creato dalla ripresa economica ormai non esisteva più. L'acqua torbida dell'Era aveva portato via quell'euforia che si respirava dal Duomo alla Piaggio. Gli operai si stavano organizzando, volevano dare un segnale forte. Il movimento dei lavoratori era orgoglioso, voleva ottenere con grande determinazione i suoi obiettivi. La città aveva barcollato nei mesi successivi all'alluvione, ma lentamente stava tornando alla normalità, come un giocatore che rientra da un infortunio grave, c'era paura ma anche grande voglia di volgere lo sguardo al futuro.
E la nostra Juve Pontedera? Probabilmente il biennio '66-'67 è stato il più difficile della sua storia. Come se al destino non fosse bastato rendere inagibile la palestra Comunale, con un'incidente autostradale si portò via anche il faro della squadra. Emilio "Barba" Zoli, l'amatissimo e primo presidente della JP fu portato via da delle complicazioni polmonari dovute dall'incidente, lasciando un vuoto incolmabile. Era il 1967.
"Barba"non era un gran chiacchierone, ma la sua era una presenza continua, rassicurante per tutti, forse sarà stato il suo fare da uomo distinto, ma sia i giocatori che lo staff lo avrebbero seguito senza remore anche in capo al mondo. Era il genere persona che sembrava avere sempre la soluzione nascosta da qualche parte nella giacca.
Nessuno si doveva permettere di offenderlo perché non sarebbe uscito vivo dall'oratorio. Qualche anno prima al campo del CUS Pisa in Piazza dei Cavalieri, un energumeno osò prenderlo a male parole: mai errore fu più grave. Sandro Bruni, il gigante della JP, prese lo sconsiderato e lo lanciò in una siepe che delimitava il campo, unico motivo per cui riuscì a salvarsi dalla furia di Sandrone. Il Bruni era così, era tanto buono quanto gentile e infatti non reagiva mai, tanto che a basket preferiva fare l'ala per evitare i troppi contatti sotto canestro, forse anche per paura di fare male a qualche avversario. Ma se gli toccavano le cose a cui teneva non c'era modo di farlo tornare in se stesso ed Emilio Zoli era come un padre lui.
Al funerale di Emilio c'erano tutti, tutti i giocatori del gruppo originario. Alla fine della liturgia funebre si erano ritrovati sulla scalinata del duomo, nonostante tutto i loro pensieri corsero su quello che ne sarebbe stato della società senza il mitico presidente. Chi avrebbe pensato all'iscrizione al campionato? Alle tute? Alle trasferte? Le domande erano tantissime ma di risposte purtroppo non ve ne erano. Proprio in quel momento di assoluto smarrimento, qualcuno si accorse che il super tifoso della squadra Ferdinando Pierotti stava seguendo curioso la conversazione da lontano. A quel punto Pierotti provò a bofonchiare qualcosa, purtroppo un intervento subito alle corde vocali gli impediva di parlare normalmente, ma dai suoi occhi i ragazzi capirono subito che ne sarebbe stato onorato. Tutto sembrò avere di nuovo speranza; di questa scelta ne sarebbe stato felice anche "Barba".
Da quel momento per la Juve Pontedera iniziarono degli anni bui, come mai nella sua storia. Una continua lotta per rimanere in serie C e l'interrogativo ogni finale di stagione era sempre lo stesso: "Giocheremo l'anno prossimo?"
Ma in quei mari mossi, Pierotti si dimostrò un grande capitano e con l'aiuto di Renzo Bertelli e Lando Santini, evitò sempre la retrocessione in D, affidando la squadra ad una vecchia conoscenza come Mario Panicucci. Coach Mario dopo varie esperienze su panchine importanti in Toscana aveva voluto rispondere al segnale di aiuto lanciato dalla sua vecchia squadra. Una volta tornato ad allenare era divenuto un coach con idee davvero all'avanguardia, questa volta però doveva imprimerle nella mente dei suoi giocatori presso il vecchio cinema Andrea da Pontedera (dove oggi c'è via Gioacchino Rossini), al posto del quale era stato allestito un campo di fortuna. Coach Panicucci era un maniaco delle statistiche, tanto che era arrivato quasi ad inveire a fine partita con l'addetto alle statistiche perché sembrava avesse sbagliato il conteggio dei tiri liberi falliti dalla sua squadra. Per l'epoca era un'assoluta novità, ma che portò grandi benefici a quella Juve che doveva curare ogni singolo dettaglio per raggiungere l'agognata salvezza.
Un altro grande merito del presidente Pierotti fu quello di gettare le basi di quel settore giovanile d'eccellenza che perdura ancora oggi. Nando come non bastasse era sempre lì a rassicurare tutti, dannandosi l'anima per garantire un certo standard alla pallacanestro pontederese, fino a consegnare una realtà viva e orgogliosa nelle mani della Zetagas.
Il finale degli anni 60 per la JP è stata una vera lotta per la sopravvivenza. L'acqua si era portata via tutto: registri della società, il nuovo campo al chiuso e tutti i pochi attrezzi in suo possesso. Ma se è vero che ciò che non ti uccide ti fortifica, la Juve del 1969 era un’organizzazione formata da persone fortissime.